È
domenica 23 Aprile e, scrivendo questo diario, ancora non credo a tutto quello
che abbiamo fatto quel giorno: "drink (coffee)
& drive" :-).
La mattina visita al nuovissimo Museo
di Latenium, costruito accanto al sito lacustre neolitico
di La Tène, che sorgeva sulle rive del lago, del quale esistono ancora
le tracce dei pali di fondazione delle palafitte, le impronte dei quali sono
visibili nel Parco Archeologico del Museo che è, in buona parte, all'aria aperta.
All’interno una vasta collezione di reperti che spaziano dal Paleolitico, al
Neolitico, all’Età del bronzo sino al periodo Gallo-romano e al Medioevo. Ammiriamo
tutto, ma siamo attratti principalmente dai resti dell’Uomo del Bichon, ritrovato
in una grotta poco lontana da qui, insieme allo scheletro di un orso delle caverne.
La storia merita di essere raccontata: la grotta du Bichon è una cavità carsica
che si trova a 846 metri di altezza nello Jura svizzero, a circa venti chilometri
in linea d’aria dal lago, sui monti che lo cingono a nord. La grotta è meta
di missioni speleologiche e nel 1956 gli speleologi scoprono le ossa di un orso
accanto a quelle di un uomo.
Le analisi stabiliscono che l’orso aveva circa 5-6 anni, mentre il giovane uomo
poteva avere tra i 20 e i 23 anni all’epoca della morte, avvenuta contemporaneamente
a quella dell’orso, circa 13.000 anni fa. Come siano andate le cose lo rivelerà
una punta di freccia in selce conficcata tra le vertebre cervicali dell’orso,
che deve averlo paralizzato, ma non abbastanza da non permettergli di avventarsi
sull’incauto esploratore e ucciderlo con una micidiale zampata. Gli orsi dell’epoca
erano bestioni di 3 metri con un peso vicino alla tonnellata e perciò quasi
impossibili da sopraffare per un uomo solo. E l’uomo doveva essere solo, forse
arrivato sin lì in cerca di un riparo per sé o per il suo gruppo, si inoltra
nella caverna e si trova davanti questa enorme belva, non c’è scampo per lui,
e muoiono insieme, cacciatore e preda.
Nel museo sono esposti i resti di entrambi, il cranio dell’orso a un metro da
quello dell’uomo, una scena fossilizzata che ci giunge dal Mesolitico e, benché
l’equipaggiamento dell’uomo comprendesse altri 27 proiettili di selce, egli
non fu in grado di servirsene. Questo è il più antico scheletro umano ritrovato
in Svizzera, l’uomo era alto 1,64 cm, pesava 64 chili e le analisi genomiche
mostrano che aveva occhi marroni, capelli neri e pelle scura. Una ricostruzione
del suo volto è presente nella galleria di ritratti degli uomini preistorici
che il museo offre, in una suggestiva carrellata di antenati. Le sue fattezze
sono alquanto galliche - francesi, molto moderna e simpatica è l’espressione
del suo volto di Cro-Magnon, un caro addio a lui e all’orso!
Visitiamo il Parco archeologico esterno al museo, che si trova proprio sul luogo
degli scavi e offre ricostruzioni di palafitte, canoe ed un sito di pesca e
dimora portato alla luce sulla sponda del lago, protetto da una grande struttura
in vetro, sul suolo del quale le ossa di vari animali, tra i cui è riconoscibile
un grande dente di mammut, giacciono ancora tra resti di fuochi spenti da migliaia
di anni.
A pochi metri verso il bosco c’è anche un bel Dolmen, l’unico
ritrovato in Svizzera e un grande Menhir in pietra,
ammirabili nei luoghi in cui sono venuti alla luce.
La nostra passione per le grotte neolitiche ci invoglia a tentare la ricerca
della Grotta du Bichon o almeno a visitare l'area ed i boschi
in cui si trova visto che anche le informazioni raccolte al Museo sono frammentarie,
per saperne di più decidiamo di passare al Museo di storia naturale
di La Chaux de Fonds, una cittadina nel Jura, nel
cui territorio si trova la caverna. Con una bella strada che sale tra i boschi
passiamo vicino a St Imier, mitica sede di congressi Anarchici, ma troviamo
il museo fermè, cioè chiuso.
Non rimane che andare all’avventura e far qualche giro in zona, sperando di
non disturbare troppi orsi.
Il navigatore ci porta sino ad un bivio con una stradina sterrata che potrebbe
condurre al sito, ma, non sapendo se la strada è percorribile con il camper,
benché di dimensioni contenute, desistiamo alla speleologia camperizzata :-).
Ci consoliamo con una passeggiata tra i maestosi abeti rossi del Jura,
che avevamo visto completamente ricoperti di neve due anni fa, passando di qui
in pieno inverno di ritorno dal Belgio. Le loro fronde erano usate dai nostri
antenati come materiale isolante sul quale stendere le pelli e le loro pigne
ricche di resina come combustibile.
Continuiamo a guidare nel Jura, poi voltiamo a sud, sino a vedere la catena
alpina chiudere l’orizzonte con le sue vette di ghiaccio. Davanti a noi il massiccio
del Gottardo incombe con i suoi tremila e duecento metri di altezza per un’estensione
orizzontale che pare senza fine, l’aria nella sua ombra è gelida, e la luce
del sole che sfiora le sue cime forma lame di luce parallele alla terra, coerenti
come laser, flussi elettromagnetici di cui noi percepiamo solo qualche lunghezza
d’onda. Da queste nevi nascono il Ticino, che scorre verso l’Italia fino a gettarsi
nel Po, il Reno, che sfocia nel mare del Nord ed il Rodano, che si riversa nel
Mediterraneo.
Sull’autopista si viaggia veloci, sono tutti nell’altra corsia che tornano a
casa, noi scendiamo e scendiamo, attraversiamo i 17 chilometri del Tunnel del
Gottardo, sbuchiamo nel Canton Ticino, costeggiamo il fiume e ci ritroviamo
sul lago di Lugano. L’opzione è fermarsi qui per la notte o tentare una lunga
tappa e andare dritti a casa.
Il traffico nella nostra corsia è sempre scarso, è domenica, niente camion,
e, pensando alla tangenziale di Milano e alla A1 intasate in un lunedì lavorativo,
non abbiamo esitazioni. Siamo a casa alle 23,40 meno stanchi di quanto prevedessimo,
forse i 2.550 km di questo intero viaggio ci hanno un po’allenato e poi il NirVan
è un camper comodo, in autostrada vola contento e noi con lui.
Pubblichiamo questo diario per ripercorrere il nostro tour e ricordare luoghi,
momenti e scoperte. Un grazie alle persone gentili che abbiamo incontrato, a
voi che leggete, sperando che le nostre indicazioni vi aiutino a ritrovare i
posti che vi abbiamo descritto, a tutti gli individui che sono esistiti, ma
non estinti, nel lontano passato, alle acque dei fiumi che ci hanno dissetato
e un caro saluto a chi ama il mondo e le meraviglie che contiene..
“Conduco una vita assai ritirata, quando voglio la compagnia di altre persone,
le dipingo sulle pareti della mia caverna”
(Nabokov, scrittore ed entomologo)
..Ero cotto dalla stanchezza, sepolto da una grandinata, avvelenato dai rovi e stremato dal sentiero, cacciato come un caimano; arrivavo, distrutto, dai campi di grano. Ho sentito neonati piangere come una colomba, e vecchi con i denti rotti attoniti e senza amore. Capisco la tua domanda, amico, siamo abbandonati e senza speranza? In un piccolo villaggio sulla collina si sono giocati i miei vestiti, ho patteggiato per la salvezza e mi han dato una dose letale. Ho offerto in cambio la mia innocenza e sono stato ripagato con lo scherno. Beh, vivo in un paese straniero ma sto per attraversare il confine; la bellezza cammina sul filo del rasoio, un giorno la farò mia. Se solo potessi tornar indietro all'ora in cui lei e il tutto nacque: "Entra", disse - "Ti darò riparo dalla tempesta"..